150° Anniversario dell'Unità d'Italia: Battaglia di Vallecorsa

Inno d'Italia
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RELAZIONE DEI DUE FATTI DI ARMI COMBATTUTI   IN

                                               VALLECORSA NEL GIORNO 15 OTTOBRE 1867 DAI

                                               SERVIRE PER NORMA ALL’ATTIMO FRA I GIORNALI

                                                                “ LA CIVILTA CATTOLICA”

 

Avendo rilevato dall’Osservatore Romano, che la Civiltà Cattolica voglia intraprendere a scrivere la Storia dell’ultima invasione Garibaldina, dovendo necessariamente parlare di Vallecorsa, come uno dei Paesi invasi: Noi Sottoscritti Testimoni oculari ci affrettiamo a dare una vera relazione dei gloriosi fatti d’armi qui combattuti, affinché possano essere narrati ai Posteri, se non come dei più importanti per le sue conseguenze, certamente come dei più brillanti se si considera il Valore mostrato dai Pontificii, in mezzo ai più gravi pericoli. E tanto più volentieri diamo questa relazione, perché tutte quelle, che sono state date, ed abbiamo letto nell’Ossevatore Romano e nella Buona Novella sono nonche ed inesatte per difetto di vera notizia,o perché vennero date da coloro che hanno voluto sfruttare a sé una si bella operazione per appropriarsene il merito.

Vallecorsa grosso paese di circa 4300 anime giace su di una dirupa di monte versante tutto ad Ovest,ed al Sud, dal Nord e dall,Est è dominato da una montagna detta i Colli, la quale s’innalza molto al di sopra e disegna i confini col vicino Regno di Napoli. Dopo il concentramento delle truppe in Castro, e S .Lorenzo (Amaseno),vi erano rimasti a guardia del quartiere due soli gendarmi.

Nel giorno 14 Ottobre saputosi dal Generale Decurten che nel di seguente una colonna di Garibaldini l’avrebbe invasa dalla parte di Falvaterra, spedi subito a S. Lorenzo un dispaccio dando ordini al Capitano Lucidi, che   senza ritardo si portasse con la sua colonna a Vallecorsa per proteggerla dall’invasione Garibaldina Vi giunse poco prima delle due ore di notte, fu sua cura principale di chiamare   a se due esploratori; ingiunse a questi di sorvegliare il confine durante la notte e sino a qualche ora del mattino, e di riferire se mai vedessero attruppamenti di gente armata, da cui si potesse temere una prossima invasione.

S’avviarono costoro alle otto antimeridiane del giorno 15(quindici) e nel dare discarico della loro missione dissero, ed assicurarono che lungo il confine,   e propriamente nei luoghi designati come i più sospetti non si vedeva un Garibaldino.

Dato un tale rapporto tanto al capitano che al Governatore, i quali si trovavano riuniti in Residenza, e ritirato che ebbero il prezzo della loro opera, non era passato ancora un quarto di ora, che si udirono le prime fucilate, e si videro correre i soldati alle armi per opporsi ai Garibaldini, i quali all’improvviso sbucando dai folti uliveti che circondavano il Paese , in numero di circa 190(200) occuparono la contrada Arelle ,Via dei Frati ,Porta Nuova, Casoline, e piazza S. Martino , dove   si scontrarono coi Pontifici, che ne arrestarono l’impatto e gli tennero testa.

L’impegno’ un accanito combattimento da ambo le parti, e   caddero morti quattro Garibaldini, due gendarmi Pontifici, ed uno squadrigliere fu mortalmente ferito.

I Pontifici occuparono tutte le vie, per impedire l’avanzamento, s’impossessarono

della Residenza Governativa, che poco mancò non cadesse nelle mani dei nemici, si fortificarono nei principali sbocchi e punti strategici e soprattutto in caserma.

Il Capitano Lucidi, uscito dalla residenza, dove poi mandò   un   forte   presidio, rimasto sorpreso, ma non scoraggiato per questo improvviso assalto dopo di aver tutto disposto per una buona difesa,volò tosto in caserma e ne scrisse al Colonnello Giorgi richiedendo aiuto. Questi trovatasi al comando di un battaglione di cacciatori che stazionava al ponte di Castro; ed il Tenente Loreti era in Castro stesso     alla testa di una colonna forte di 100 uomini, e composta di 40 gendarmi, da   30 squadriglieri Vallecorsani e da alcune fazioni della squadriglia di Castro ,S. Stefano e Roccagorga.

Intanto i capi garibaldini già padroni di un terzo del paese richiesero istantaneamente dei preti, del Priore Comunale, del Governatore, e di altri Nobili del Paese, mandando ripetuti messaggi e simulando amicizia con tutti.

Ma quale fosse il loro animo specialmente verso i preti lo dimostrò assai bene   la condotta che tennero verso padre Paolo guardiano di questo convento di Santa Maria delle Grazie, il quale chiamato a rendere gli estremi di Religione ad uno di loro creduto vivo, ma che era già morto, di ritorno in convento sentì fischiare alle sue orecchie sei palle, le quali, se per fortuna non gli torsero un capello ,moralmente però lo ferirono di un colpo mortale, perché dopo poco tempo morì di paura.

E senza l’esempio recente della loro brutalità, chi sarebbe stato così buono da fidarsi delle loro promesse dopo si lunga esperienza della loro perfidia?

Chi non sapeva che simulavano pace ed amicizia per introdursi nelle case altrui, per poi cacciarne i padroni quando vi erano entratì?

Fra tanti, che furono tentati di correre dietro al loro invito, non se ne trovò neppure uno, che si l’asciasse sedurre, meno il Governatore……………….., che chiamato volle farlo, pertanto era determinato di andare, ma l’opposizione , e le preghiere insistenti della figlia, servirono a liberare il padre e di cadere nelle mani dei nemici ma le fucilate continuano sono i Garibaldini che vogliono avanzare ed i Pontifici che limitatesi alla difesa per aspettare rinforzi li tengono a bada.

Solo si può immaginare e non già descrivere, quale fosse lo spavento,e l’indignazione del Popolo, che senza aver dato alcuna provocazione si vide assaltato da masnade di garibaldini, i quali alle barbe già fatte, ,meditavano di fare il contrapelo. Essi mostrarono di essere ben informati dei nomi delle Persone delle loro case, chiamavano a nome quelli che erano partiti e quelli che erano rimasti.

Mandarono ad intimare al Capitano Lucidi affinché avesse ceduto e si fosse reso onde risparmiare il Paese dall’incendio e dal saccheggio, e questi rispose loro con le Campane alle armi, al suono delle quali, molti del popolo e specialmente le donne corsero in gran numero nella Chiesa di San MICHELE ARCANGELO, e con tutto il fervore, indicato abbastanza, dalle lacrime, che copiose cadevano dagli occhi, pregarono insistentemente,e scongiuravano con grande fede il SANTO PROTETTORE, affinché con la Sua spada gloriosa avesse dissipato si tanto pericolo.

“( E qui si parla con osservanza, che una madre di famiglia dicesse ad una figlia più grande di andare in chiesa con le altre a pregare S. MICHELE, e che la figlia rispondeva che S. MICHELE non era in chiesa, e di averlo lei veduto di essere solo ed incamminarsi verso la strada Grande.

Il che è in stretta relazione con ciò che disse più volte un tale FERDINANDO BARBERINI, Garibaldino ferito e curato a Vallecorsa.

“( Voi, così egli alla donna che lo assisteva, ed alla padrona di casa, Voi avete un Gran Santo Protettore: Noi l’abbiamo veduto in Porta Nuova, e fummo presi da tale (spavento), e scoraggiamento, che se fossero usciti pochi Pontifici, ci avrebbero tutti tagliati a pezzi. Tutto è possibile, è l’opinione più diffusa nel popolo, che riporta   la sua Liberazione nel Potente Patrocinio di SAN MICHELE ARCANGELO   SUO

PROTETTORE PRINCIPALE.

Erano le due pomeridiane quando i Garibaldini, battevano in ritirata,e dicevano che era impossibile per essi prendere Vallecorsa, che erano stati ingannati, che gli avevano fatto credere che tutto il Popolo era per loro, mentre si accorgevano di andare in mezzo ai nemici.

Quindi per la stessa via da dove erano venuti marciarono verso lo sbocco della montagna.

 

 

 

Giuseppe Migliori Anziano 

Facente Funzioni

da PRIORE

 



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